Il resto di niente |
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La tecnica prescelta è quella dell'«accumulazione», che, fusa con altre («quella del flusso di coscienza, addirittura quella del romanzo d'appendice», spiega l'autore su «Uomini e libri»), ha consentito a Striano di superare anche la difficoltà linguistica. Nel romanzo si intersecano, infatti, italiano, francese, portoghese, napoletano, per connotare la diversità dei modi del pensiero, delle situazioni, dei momenti. L'ambito indefinito della lingua narrativa rende lecita la coesistenza di molte possibilità. In un'intervista rilasciata in occasione della presentazione del romanzo, a Napoli, nel dicembre 1986, Striano si sofferma proprio su questo:
Lo scrittore deve utilizzarle tutte, limitandosi a sceglierle, ad attenuare quanto può renderle incomprensibili. Come avrei dovuto far parlare i lazzaroni di Napoli del Settecento? In italiano, o in quel ridicolo italiano dialettizzato che usò la Serao e che usano ancora tanti epigoni del verismo? Come avrei dovuto far parlare i nobili e gli intellettuali napoletani infatuati della Francia nel Settecento? E, in certi momenti della sua vita, Lenòr, che era portoghese? L'importante è che tutti questi linguaggi siano usati in modo che ogni lettore capisca. Solo laddove ho dovuto usare…un linguaggio circoscritto (un gergo malavitoso napoletano del Settecento) ho dato la traduzione in nota .
All'«accumulazione» espressiva, l'autore avvicina i modi di un'«accumulazione» impressionistica di immagini, da risolversi nella narrazione-filmica. Su « Uomini e libri » riflette in proposito:
Sono convinto…che la letteratura, nell'attuale civiltà dell'immagine…tenda ad avere un ruolo sempre più subordinato ai mezzi che s'esprimono principalmente per simulacri visivi. Ma si può recuperarle una funzione autonoma, aiutandosi proprio con le tecniche della rappresentazione per immagini, tentando il punto limite al quale le due cose possono giungere senza danno, cercando il coagulante che le possa tenere insieme in modo armonico e non superficiale.
È in funzione «coagulante» anche trasferire nel futuro «il centro dell'attività che interpreta e giustifica il passato»: così, commensurabile, contigua al presente, mirabilmente contemporanea, la Storia diviene patrimonio di tutti.
Anche per Eleonora, che, ormai disillusa, cerca di scorgere, in prospettiva diacronica, quanto varrà della sua esperienza, è questa l'implicita risposta:
Ma a lei cosa importava? Tutta la vicenda sua, e l'universo, finiti con lei. Cosa poteva rimanere? I versi? Se proprio non «facevano schifo», come disse Primicerio, erano nulla in paragone a quelli di Metastasio, Rolli, Parini. Di costoro, forse, qualcosa resterà. Fra cent'anni, duecento: nel 1983, meu Deus! Ma di me? Nada de Nada. Il resto di niente. >>>>>>>>