« Il culto che circonda il romanzo di Enzo Striano Il resto di niente avrebbe potuto travolgere la versione cinematografica. Ma la personalità di Antonietta De Lillo, con l'ottimo supporto di Giuseppe Rocca e Laura Sabatino in fase d'adattamento e sceneggiatura, riesce a scolpire un film notturno, vibrante e intenso che non ammicca alle decalcomanie illustrative e tantomeno al consueto orgoglio partenopeo spruzzato di utopismo politico […] Tutti gli attori sono eccellenti: da Rosario Sparno a Riccardo Zinna, da Enzo Moscato a Imma Villa, da Lucia Ragni a Raffaele Di Florio e tanti altri (compresa Pina Cipriani, la detenuta che canta), sparsi su un fondale verminoso o austero, mai trionfalistico, ma anzi tormentato da risucchi beffardi ed echi stordenti. Un viaggio nell'anima, dunque, che una regista importante intraprende come in una trance stilistica che non imbelletta i fantasmi degli umili e dei potenti e, a pensarci bene, neppure quelli dei rispettivi epigoni odierni » [Valerio Caprara, « Il Mattino » , 11 settembre 2004].
« Quello che vediamo è un film molto elegante e ricercato. Ma, se ricordate il film televisivo dedicato da Paolo e Vittorio Taviani a Luisa Sanfelice, l'eroina passionale e romantica che si affiancò a Eleonora nella Repubblica giacobina di Napoli, e se vi capiterà di mettere a confronto i due svolgimenti, vi accorgerete che mentre i due registi pisani…hanno perseguito una strada aperta alla grande accessibilità, Antonietta De Lillo ha scelto un itinerario e uno stile più selettivi » [Paolo D'Agostini, « Repubblica » , 12 settembre 2004].
« Rossellini, se ci sei batti un colpo. C'è. Nel film armonioso e luminoso di Antonietta De Lillo, dal libro di Striano, si narra il salotto giacobino e la veloce presa del potere di Eleonora Pimentel Fonseca […] Affidato a un concerto a più voci con i magnifici assolo, tra casa e prigione, di Maria de Medeiros intorno cui tramano cori di servi e borghesi, mentre il bravo Moscato fa il Filangieri » [Maurizio Porro, « Corriere della Sera » , 26 marzo 2005].
« Un intreccio storico che intreccia, alla Rossellini, canzoni e filastrocche (cultura “bassa”) al dibattito politico-filosofico dell'epoca, per molti versi ancora attualissimo. Condensando nelle ammalianti figurine dell'artista Oreste Zevola le scene di massa e i combattimenti che altri avrebbero usato per fare spettacolo, mentre qui vengono riassorbiti in un film a tratti appena venato di intellettualismo, ma capace di evocare pagine chiave della nostra Storia con raro trasporto e ammirevole acutezza » [Fabio Ferzetti, « Il Messaggero » , 25 marzo 2005] >>>>>>>>